Berlino (interpretato da Pedro Alonso) è uno dei personaggi più amati e allo stesso tempo odiati della serie tv spagnola La casa di carta in onda su Netflix. Assoluto protagonista del finale della terza stagione, il personaggio ha subito un’evoluzione che ci ha fatto scoprire diversi tratti nascosti della sua personalità e momenti della sua vita che non ci aspettavamo.
Ho guardato in faccia l’uomo che si nasconde dietro quella maschera. Ecco a voi la diagnosi spicciola di Berlino, il personaggio più controverso della Casa di carta.
A tu per tu con Berlino
Tu tuuu-tu-tu-tu-tuuuuu
Tu tuuu-tu-tu-tu-tuuuuu
Uhm una videocall su Skype?
Hola Torino!
Scusi ma come ha fatto a …
Il Professore, sono entrato grazie a lui
Ma che Professore? Di chi parla?
Professore, mio fratello.
Non capisco scusi, chi…
Torino, ferma. Nessun nome, nessun particolare personale, nessuna relazione.
…ma poi come fa ad essere in videochiamata se usa una telefono a filo?
Il Professore è in grado di fare cose, non si faccia domande.
Capisco, mi chiedo che ci facciamo qui senza nomi, particolari personali nè relazione…sono alla base di un percorso psicologico.
Tutto quello che devi sapere è nelle puntate della serie, l’hai vista vero? VEROOO?
Umh sì sì l’ho vista, condoglianze per la sua morte tra l’altro.
Bella uscita di scena eh?
Sì molto toccante, è riuscito a ribaltare la visione che ha sempre dato di sè. Da arrogante e narcisista a martire per il suo gruppo di colleghi, amici…forse la sua famiglia. Un bel cambiamento, o forse sì è sempre trattato di una maschera?
Bella la battuta sulla maschera, calzante!
Non si tratta di una battuta.
Lei è solo, è sempre stato solo. Oltre al Professore, chi altro c’è nella sua vita? È malato e al suo fianco non c’è nessuno.
La maschera che si porta dietro ha una sua utilità, diciamocelo, serve quasi a dire “io sono solo perché non ho bisogno di nessuno, non perché nessuno mi sta vicino”. È senza dubbio utile per tenere a bada un gruppo di ostaggi, fa di lei un leader nato… naturalmente se il suo team si occupa di rapinare banche e zecche di stato.
È funzionale…si è fatto terra bruciata nella sua vita, nessuno è riuscito a starle vicino a parte rare eccezioni e questa maschera le è così utile per attenuare il dolore che neanche lei sa più chi è davvero. È una maschera o sono davvero così?
Poi, diciamocelo, per quanto riguarda gli ostaggi non poteva essere nient’altro che quella maschera: è riuscito a terrorizzarli, a farsi ascoltare e a limitare i colpi di testa. A parte Arturito. Vabbè ma Arturito è un caso a parte.
È una bomba quell’uomo, sempre detto!
Ad ogni modo dicevo, la sua maschera le è stata utile. Essere visto come un sociopatico l’ha reso il leader migliore per il colpo. Temuto e rispettato.
Sì infatti, se Tokio non faceva cazzate le cose sarebbero andate diversamente.
Lei è imperfetto Berlino, lo siamo tutti. Che le piaccia o no, che lo dia a vedere o no, lei è capace di amare, anche tanto, ma forse non è stato amato abbastanza. Vuole credere in qualcosa, ha speranza, nonostante la vita lo abbia messo di fronte a innumerevoli delusioni.
Alla fine però, nonostante tutto, sceglie la dignità. Cosa cercava? Apprezzamento? Rispetto? Redenzione?
Non lo so, forse tutto questo, o forse niente. Forse ero quello che, se fosse morto, avrebbe fatto piangere meno persone. Ero quello più sacrificabile perché solo.
Lo sa che hanno pianto tutti…?
È curioso che sia dovuto morire per farmi apprezzare, paradossale se vogliamo. Nella vita mi sono fatto odiare e una volta morto tutti scoprono che bella persona che ero. “Era una brava persona, salutava sempre”.
Non esageriamo, lei è stato quel che è stato. La morte eroica non cambia ciò che è stato, semmai apre un varco su caratteristiche che ha sempre celato. La gente non ha mai conosciuto Berlino, ha sempre e solo visto ciò che lei voleva far vedere.
Torino, sei sempre così diretta?
Sì se la situazione lo richiede.
Gentilissima grazie. Oh bella, ciao ne!
La diagnosi spicciola di Berlino
Le maschere che indossiamo tutti i giorni rendono prigioniere le nostra vere identità. Spesso vengono portate da così tanto tempo che ci si scorda di chi siamo realmente.
Esistono maschere che ci fanno apparire migliori, per compiacere partner, famiglia e amici. Ci mostriamo migliori di quel che siamo in funzione delle aspettative degli altri, per meritarci il loro affetto.
Esistono poi maschere che ci rendono peggiori, che nascono probabilmente da delusioni, da eventi che segnano profondamente. E se all’inizio ci aiutano, ci allontanano da ulteriori delusioni, ci anestetizzano emotivamente, alla lunga ci rendono soli, incapaci di riconoscerci e di farci amare dagli altri.
“E chi ha bisogno degli altri? Solo i mediocri cercano negli altri conferme, solo i mediocri hanno bisogno di essere amati per stare bene, io sto bene anche in solitudine”.
Lo schema è più o meno questo:
Mi comporto come uno/a stronzo/a <—> la gente mi abbandona <—> vedi che ho fatto bene a fare lo stronzo, non mi amava per quel che sono davvero <—>mi comporto come uno/a stronzo/a.
Non lo ammetteranno mai, ma spesso dietro questo comportamento c’è una sensibilità e un bisogno di amore incredibile. Certi schemi si possono cambiare, se senti che la tua maschera sta tenendo in ostaggio la tua vera identità non vergognarti di chiedere aiuto…resterà tra noi. Poi, forse, il mondo ti vedrà per ciò che sei.